Per m. s’intende il governo di uno solo, che esercita il potere per volere di un dio (e/o del popolo), in modo assoluto o con la limitazione di un Consiglio, di un Parlamento o di una Costituzione, talvolta con diritto di trasmetterlo ai propri discendenti (diritto dinastico). Nella m. assoluta “l’ordinamento giuridico è in tutti i suoi stadi creato ed applicato direttamente dal monarca o da organi da questo nominati. Il monarca è personalmente irresponsabile; egli non è sottoposto alla legge, non essendo passibile di alcuna sanzione giuridica. La posizione di monarca è ereditaria, oppure ciascun sovrano nomina il proprio successore” (KELSEN 1994: 305).
3.1. La monarchia nella storia
Probabilmente la m. rappresenta la forma di governo più praticata nella storia, a partire dalle sue più remote origini e fino alla prima metà del XX secolo. A suo favore si sono espressi quanti non credono nel cittadino e vogliono una società duale.
Fino a tutto l’Alto medioevo, la m. si dà per scontata, ma, dopo l’affermazione dei Comuni e il particolare sviluppo storico dell’Inghilterra, si rende necessario spiegare perché si debba preferirla a forme di governo di tipo partecipativo. E allora si va dicendo che lo Stato è come una famiglia, dove c’è un padre (il re) che si prende cura della moglie e dei figli (i sudditi) in cambio di rispetto e ubbidienza. Accostare l’idea di m. a quella di famiglia significa affermare che la m. è un fatto naturale, come lo è famiglia, e significa anche che i sudditi assumono lo status infantile del figlio. Per di più, si va dicendo che il re è insediato sul trono direttamente da Dio, il che vuol dire che la sua figura è non solo naturale, ma anche sacra e perciò non deve essere messa in discussione. E, infatti, l’istituto monarchico non viene messo in discussione, almeno fino alla Rivoluzione francese.
Per San Tommaso d’Aquino, la m. costituisce “la migliore forma di governo” (HELD 1997: 60). Dante conferma: “bisogna che vi sia uno solo che guidi e comandi, cioè a dire il Monarca o Imperatore. E così è evidente che al benessere del mondo si addice la Monarchia o Impero” (Monarchia, I 6,10).
Ancora nell’età moderna è molto diffusa la vecchia idea che lo Stato sia una proprietà privata del monarca, insieme ai sudditi. Tale concezione, che è già implicitamente presente nel pensiero di Machiavelli, viene esplicitamente affermata e ribadita in seguito da Jean Bodin, dal cardinale Richelieu, dal re d’Inghilterra Giacomo I e da molti altri, e anche se non manca qualche voce dissenziente, come quella di Henry Parker che, nella prima metà del XVII secolo, attribuisce la sovranità al Parlamento, fino ai tempi di Locke, secondo l’opinione prevalente, il re riceve la sua autorità da Dio e regna per diritto divino: questa è la tesi sostenuta da Robert Filmer in un suo libro, Il Patriarca, oggi pressoché dimenticato, e condivisa anche dalla chiesa cattolica.
Da questa linea di pensiero prende le distanze Locke, il quale sostiene che l’autorità politica non deriva da Dio, bensì dal consenso del popolo, e che il potere dello Stato è al servizio dei cittadini, e non viceversa. Nel dare il proprio consenso ad un re, dice Locke, il popolo conserva la sovranità e il diritto di rimuoverlo, se egli non rispetta i loro diritti naturali. Su queste basi, già a partire dalla Gloriosa Rivoluzione, si va affermando la m. parlamentare ed elettiva e fa il suo ingresso nel mondo moderno lo spirito DR. La svolta è netta. Mentre il diritto romano, infatti, si era espresso a favore del principio che la volontà del re è superiore alla legge e non dipende da essa, adesso si comincia ad affermare che anche il re è sottoposto alla legge.
Il cambiamento è importante, ma non tale da alterare la sostanza delle cose. Infatti, come ha correttamente osservato Norberto Bobbio, anche se qualcuno ha pensato che la monarchia elettiva fosse migliore di quella ereditaria, “nessuno ha mai pensato che una monarchia per il fatto di essere elettiva non fosse più monarchia” (1999: 325). Secondo l’anarchico Godwin, la monarchia è il peggiore dei governi, perché è basata sulle differenze per nascita e sulla ricchezza, e “misura la gente non secondo i suoi meriti ma secondo i suoi titoli”. Ogni re è “nemico della razza umana” (GODWIN 1997: 120). In effetti, dove c’è la m., ivi c’è disuguaglianza per nascita e dove c’è disuguaglianza per nascita non c’è democrazia.
18. Teocrazia
15 anni fa
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