mercoledì 26 agosto 2009

11. Anarchismo

L’anarchismo può essere definito come una corrente di pensiero che vede nel governo dello Stato un’istituzione tanto inutile quanto dannosa. I suoi prodromi si possono scorgere nel protestantesimo e in alcune sette eretiche, come quella dei Catari, che, diffidando dell’autorità istituzionale, guardano con speranza all’individuo. Come dottrina ben definita, invece, l’a. si sviluppa a partire dal XVII secolo.

11.1. Il pensiero anarchico
È Gerrard Winstanley (1649) ad illustrarne, fra i primi, i princìpi portanti.: “che il potere corrompe, che la proprietà è incompatibile con la libertà, che l’uno e l’altra sono le cause principali del crimine, che gli uomini possono vivere felicemente solo in una società senza governanti, dove il lavoro e i suoi prodotti siano ripartiti equamente e in cui l’uomo agisca non sottoponendosi alle leggi ma ascoltando la propria coscienza” (WOODCOCK 1991: 209). Improntato all’ottimismo, alla fiducia nell’uomo e alla convinzione che ogni individuo sia in grado, con l’opportuna educazione, di autodeterminarsi e assumersi responsabilità, il pensiero anarchico ruota attorno all’individuo e mira a promuovere i valori più alti della persona, a partire da quello dell’intelletto, mentre lascia in ombra lo Stato e le sue istituzioni.
Il filosofo inglese William Godwin, per esempio, esprime parole di biasimo nei confronti di tutti i tipi di governo, compresa la DR, anche se ammette che questa può essere accettata come fase preliminare e preparatoria ad una società anarchica. Secondo lo studioso è inammissibile che un individuo possa rinunciare alla propria singolarità, alla propria autonomia di giudizio e alla propria libertà di pensiero e accettare di conformarsi ad una logica di gruppo e ad una ragion di Stato. “L’uomo – scrive Godwin – è un essere dotato di intelletto. Non c’è modo di renderlo virtuoso se non evocando le sue facoltà intellettuali. Non c’è modo di renderlo virtuoso se non rendendolo indipendente” (1997: 92). “L’indipendenza – prosegue il filosofo inglese – è il più prezioso diritto di nascita dell’uomo, quello che ognuno di noi dovrebbe amare al di là di ogni possedimento terreno” (GODWIN 1997: 173).
Godwin insiste molto sull’importanza dell’indipendenza di giudizio del singolo individuo: “L’uomo è un essere che si può giudicare giusto solo a misura della sua indipendenza. Egli deve consultare la sua ragione, trarre le sue conclusioni e conformarsi coscienziosamente alla sua idea di ciò che è appropriato” (1997: 90). “Dovremmo, in ogni occasione, essere pronti a fornire una ragione per le nostre azioni. Dovremmo allontanarci per quanto possibile dalla condizione di mere macchine inanimate, agite da cause che non comprendiamo affatto” (1997: 70). “Ogni uomo dovrebbe avere un proprio equilibrio e consultarsi con il proprio intelletto” (1997: 73). Pertanto, “non è vero che la massa della nostra specie debba essere tenuta costantemente al guinzaglio come i bambini, mentre solo pochi hanno la prerogativa di pensare e dirigere per tutti” (1997: 72).
Per l’anarchico, solo chi sa usare la propria testa è veramente libero e solo chi è libero merita di essere considerato un vero uomo. Tuttavia, l’uomo non nasce libero, né può ricevere la libertà dall’esterno e passivamente: “la libertà non può essere concessa come un dono; deve essere conquistata da coloro che la desiderano” (DONNO 1987: 82). Da ciò l’importanza dell’educazione. L’anarchico vuole che ogni società educhi i suoi figli all’autonomia di giudizio e alla libertà, nella convinzione che l’esercizio di queste qualità sia essenziale per un essere umano degno di tale nome. Ora, se un individuo è libero e in grado di assumersi responsabilità, perché mai dovrebbe avvertire il bisogno di qualcuno che lo rappresenti e prenda decisioni in suo nome? “A meno di non provare un brivido nella schiena – afferma Goodman – nessuno è disposto a barattare le proprie opinioni con quelle di un altro” (1995: 179-80).
La centralità dell’individuo è particolarmente evidente nel pensiero di Stirner: “L’essenza della teoria stirneriana, quella per cui anche oggi Stirner appare di grande attualità, sta nell’affermazione dell’individualità come dato primordiale ed irriducibile, cui tutto anzi deve essere ridotto e ricondotto: «Io affermo che non l’uomo in astratto, ma il singolo è la misura di tutte le cose»” (ROEHRSSEN 1996: 255). Evidente il richiamo a Protagora. “La gloria della razza umana – asserisce Bassani – è l’unicità di ogni individuo, il fatto che ogni persona, quantunque simile a ciascun’altra per molti aspetti, possiede una propria personalità ben individuata. È il fatto dell’unicità di ogni persona, il fatto che non esistono due persone pienamente intercambiabili, che rende ogni uomo insostituibile e che rende importante se egli vive o muore, se è felice o oppresso. E, infine, è il fatto che queste personalità uniche hanno bisogno della libertà per il loro pieno sviluppo che costituisce uno dei maggiori argomenti a favore di una società libera” (1996: XXXIII).
Secondo l’anarchismo, la società è una conseguenza e un prodotto della propensione a socializzare dei singoli individui, ma ciò nulla toglie alla centralità e all’unicità dell’individuo, grazie alle quali le persone si elevano a soggetti sovrani, a valori assoluti. Nella società anarchica non può esserci distinzione fra cittadini di serie A e cittadini di serie B, non c’è posto per una classe dominante e un popolo dominato e non c’è alcun cittadino da destinare al comando o all’obbedienza, ma ci sono individui diversamente dotati, in grado di assumersi delle responsabilità e di contribuire all’amministrazione della società, ciascuno secondo le proprie capacità e la propria volontà. Ne consegue che la società anarchica non può essere che democratica.

11.2. Anarchismo e democrazia
La democrazia – afferma Godwin – è il migliore dei governi possibili, il solo che “restituisce all’uomo la consapevolezza del suo valore, gli insegna, rimuovendo l’autorità e l’oppressione, ad ascoltare solo i suggerimenti della ragione, gli dà la fiducia necessaria per aiutare tutti gli altri con franchezza e semplicità, e lo induce a non considerarli più nemici da cui guardarsi, ma fratelli da assistere” (1997: 123). A scanso di equivoci, va subito precisato che la democrazia cui si riferisce Godwin non è quella rappresentativa. Per lo studioso, infatti, l’istituzione del voto segreto incoraggia l’ipocrisia e l’inganno, non favorisce l’assunzione di responsabilità nelle nostre azioni, né è simbolo di libertà; anzi, il voto stesso rappresenta il simbolo della tirannia della maggioranza. “Ora, che cos’è la scheda elettorale? Né più né meno che un pezzo di carta che simboleggia la baionetta, il manganello o la pallottola. È un congegno che permette di risparmiare lavoro nell’evidenziare da quale parte sta la forza e nel sottomettersi all’inevitabile” (DONNO, GUERRIERI, IURLANO 1987: 49).
Inoltre, a differenza della società democratico-rappresentativa, la società anarchica si fonda sulla sovranità dell’individuo e rifiuta il principio di maggioranza. Per Godwin, infatti, “la voce della maggioranza previene lo spargimento di sangue, ma non è per questo meno arbitraria del decreto del tiranno più assoluto spalleggiato dall’esercito più potente” (DONNO, GUERRIERI, IURLANO 1987: 49).
Anche secondo Holley Cantine, “la vera società democratico-anarchica è quella in cui l’individuo può rifiutare di adeguare le proprie idee alle decisioni della maggioranza che non siano conformi ad esse: «Il governo della maggioranza, senza questa garanzia di libertà, è semplicemente una forma di tirannia»” (GUERRIERI 1987: 104). La democrazia anarchica si basa invece sul «consenso» dei singoli cittadini. “Se il governo è fondato sul consenso del popolo, non può esercitare potere alcuno su un individuo che rifiuti quel consenso” (GODWIN 1997: 105). In ultima analisi, per l’anarchico la forma migliore di democrazia è, dunque, quella diretta, sia pure nella versione federalista indicata da Proudhon.

11.3. La sovranità dell’individuo
Per l’a. la sovranità non appartiene né al popolo, né allo Stato, ma al singolo individuo, almeno per quel che concerne la sua persona. La sovranità dell’individuo è piena e assoluta, come la sua libertà, e tuttavia è limitata all’individuo stesso, che dev’essere sì lasciato libero di fare di sé quel che desidera, di pensare, dire e credere qualunque cosa, ma a condizione di non intaccare la sovranità di un altro individuo. “Se un uomo vuole Dio come compagno di divertimento e di istruzione, lasciategliene avere uno. Interferire, significherebbe negargli la libertà. Ma nel momento in cui cercasse di rendere quel Dio un’autorità indiscussa anche per gli altri, diventerebbe un nemico pubblico ed un pirata spirituale” (IURLANO 1987: 42).

11.4. La critica allo Stato
Per l’anarchico, lo Stato autoritario e duale, qualunque sia la sua forma di governo, “non sorge dall’istinto associativo dell’uomo: al contrario, esso ha origine da un atto di violenza e di dominazione” (DONNO, GUERRIERI, IURLANO 1987: 49). “La inequivocabile testimonianza della storia ha mostrato che lo Stato ha sempre avuto origine nella conquista e nella confisca. Nessuno Stato primitivo noto alla storia ha avuto origine in alcun altro modo. [...] Per di più la sola caratteristica invariabile dello Stato è lo sfruttamento economico di una classe da parte di un’altra. In questo senso, ogni Stato noto alla storia è uno Stato di classe [...]. Ovunque troviamo che l’organizzazione politica procede dalla stessa origine, e presenta la stessa volontà, vale a dire lo sfruttamento economico di un gruppo sconfitto da parte di un gruppo conquistatore” (NOCK 1996: 30-1).
In sostanza, l’anarchico ritiene che lo Stato sia stato creato dai più forti, i quali, attraverso il diritto, se ne servono per tutelare le proprie conquiste (proprietà) e per alimentare i propri privilegi. Lo Stato sarebbe insomma uno strumento creato dai ricchi a proprio vantaggio. «Il governo civile, nella misura in cui è istituito per la sicurezza della proprietà, è in realtà istituito per la difesa del ricco contro il povero, o di coloro che hanno qualche proprietà contro coloro che non ne hanno» (in CASTANA 1996: 485). Ed è per questo che lo Stato non promuove la sovranità dell’individuo, ma soltanto gli interessi dei gruppi più forti. Un simile Stato è legittimato solo dalla legge del più forte, non dal popolo, e “non garantisce né difende efficacemente i diritti fondamentali dell’individuo” (NOCK 1996: 34). Esso dunque è un’istituzione profondamente ingiusta e va rimosso. “Se lo Stato per i Liberali è un male necessario, per Stirner è un nemico da abbattere” (CASTANA1996: 481).

11.5. Limiti dell’anarchismo
Chi deve comandare, dunque, per un anarchico? Certamente non un principe o un re, e nemmeno un’oligarchia o una rappresentanza dei cittadini. Potrebbe andar bene una DD con la partecipazione di tutto un popolo, meglio ancora se estesa all’intero pianeta, una DD planetaria, dove però non dovrebbero esserci regole prestabilite e dove ciascuno possa essere realmente libero di interpretare a suo modo il suo progetto di vita. Forse è proprio questo l’aspetto debole dell’anarchismo, la ragione per cui esso è ritenuto dai più una pura utopia: il suo relativismo estremo e il disegno di una società priva di leggi, di punti di riferimento, di certezze e di sicurezza, una società praticamente invivibile perfino da parte degli stessi anarchici, che non potrebbero nemmeno confrontarsi fra loro e scambiarsi le proprie personali opinioni, perché tutti, qualunque cosa dicessero, avrebbero la stessa parte di ragione. Uno Stato anarchico può essere anche affascinante, ma è impossibile da realizzare.

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